L’emergenza Covid ha con forza portato in primo piano l’esigenza di adeguare le competenze digitali, catturando l’attenzione delle pubbliche amministrazioni e delle imprese, nonché degli stessi lavoratori e, più in generale, della forza lavoro attuale e futura, chiamata a rileggere la propria situazione occupazionale con occhi diversi, alla ricerca di metodi di adattamento e di acquisizione di competenze che siano in grado di traghettare le professionalità oltre la crisi e nella nuova dimensione organizzativa e lavorativa in cui tutti ci siamo improvvisamente trovati.
Dalla recente analisi del Sistema Informativo Excelsior (realizzata da Unioncamere e Anpal) sulla domanda di competenze digitali nelle imprese, è emerso che il perdurare della crisi pandemica ha imposto al sistema produttivo un’ulteriore spinta nella direzione di una crescente integrazione delle soluzioni digitali nei processi produttivi, nonché nella riorganizzazione digitale delle diverse funzioni aziendali.
Difatti, dall’indagine è risultato che quasi il 71% delle imprese ha investito almeno in uno dei tre ambiti della trasformazione digitale, indirizzando gli investimenti verso il rafforzamento della dotazione infrastrutturale in termini di connettività, soluzioni cloud, big data analytics e sicurezza informatica, nonché nella adozione di strumenti di lavoro agile e di digital marketing. Anche la quota di imprese che ha ritenuto prioritario investire nell’utilizzo di canali e strumenti digitali per la promozione e la vendita dei propri prodotti e servizi ha avuto un consistente incremento, passando nel 2021 dal 24,9% al 39,9 %.
Le imprese domandano, in prevalenza (nel 58% dei casi), profili professionali in grado di integrare la capacità di utilizzare le tecnologie internet e di gestire e produrre strumenti digitali di comunicazione visiva e multimediale con quella di impiegare linguaggi e metodi matematici ed informatici. E’ interessante notare, anche, la forte crescita di investimenti nel digitale da parte delle imprese nei macro-settori di attività, con in testa le public utilities (energia, acqua, gas e ambiente) con +82,3%, il comparto industriale con + 71% e quello dei servizi con + 70,6%.
Va tuttavia sottolineato, come campanello d’allarme, che quasi il 52% delle imprese ha segnalato di avere difficoltà nel trovare figure professionali con le competenze digitali richieste (soprattutto le imprese di maggiore dimensione). Le motivazioni principali addotte hanno riguardato la mancanza di candidati (nel 32,4% del totale delle entrate programmate) e l’inadeguatezza dei candidati in termine di competenze e abilità. In particolare, nella regione Abruzzo, tale difficoltà di reperimento è stata segnalata dal 36% delle imprese. Vanno pertanto rafforzate le azioni previste dall’asse 2 della Strategia Nazionale per le competenze digitali, che mette al centro il potenziamento e lo sviluppo di tali competenze nella forza lavoro, sia nel settore privato sia nel settore pubblico.
Per quanto concerne il settore privato, gli interventi devono mirare a supportare il tessuto imprenditoriale nel processo di trasformazione tecnologica dei propri modelli di business e del relativo personale coinvolto, mentre nel settore pubblico devono mirare a favorire la creazione presso tutte le amministrazioni di una cultura digitale diffusa e condivisa. In uno scenario tecnologico in continua evoluzione, le professioni tradizionali sono sottoposte – e sempre più lo saranno in futuro – ad un’azione costante di upskilling e di reskillling. Per quanto riguarda il mondo dell’istruzione e della formazione superiore ( a cui è dedicato l’asse 1 della citata Strategia Nazionale), occorre investire da subito in maniera significativa sulle competenze chiave per lo sviluppo del paese, programmando azioni idonee ad incidere sul reale potenziamento della cultura digitale degli studenti e al contempo dirette alla strutturazione ed all’attuazione di percorsi di orientamento efficaci, in linea con le esigenze espresse dalle imprese.