InNovazione

Hey ChatGPT … io non ho paura di te!

Viviamo in un’epoca di grandi trasformazioni, in cui l’intelligenza artificiale (IA) è diventata una presenza reale nelle nostre vite e non più una fantasia da romanzo di fantascienza. ChatGPT, Alexa e tanti altri assistenti virtuali sono strumenti che sempre più persone utilizzano per attività quotidiane e lavorative. Eppure, ogni avanzamento tecnologico porta con sé un carico di timori e pregiudizi. La paura che il progresso possa farci perdere il lavoro, invadere la nostra privacy o prendere il controllo sulle nostre decisioni è palpabile. Ma è davvero il caso di lasciarci bloccare da queste paure? Nel mio lavoro di divulgazione sull’intelligenza artificiale per manager e imprenditori, incontro spesso queste domande e in questo articolo vorrei offrire una prospettiva che ci aiuti a guardare alle IA come alleate, non come nemiche. La storia ci mostra infatti come le rivoluzioni tecnologiche, se ben gestite, abbiano migliorato la vita di tutti, e la sfida che ci attende è proprio quella di fare della tecnologia uno strumento al servizio dell’uomo.
Ogni rivoluzione tecnologica ha incontrato resistenze. Dai telai meccanici che alimentavano la nascente industria tessile dell’Ottocento, fino ai veicoli motorizzati e alle prime automobili, ogni innovazione è stata accompagnata da scetticismo e timori. I luddisti, per esempio, distruggevano i telai industriali nel timore che questi strumenti togliessero lavoro ai tessitori; segnando un momento di resistenza storica contro la tecnologia. Persino l’introduzione dell’energia elettrica fu accolta con ansie e sospetti. Oggi assistiamo a un fenomeno simile con l’IA. ChatGPT, ad esempio è visto da alcuni come una minaccia alla creatività, all’autenticità, e perfino all’occupazione. Ma, come divulgatore, credo sia importante spostare l’attenzione dai timori ai benefici reali. ChatGPT e le tecnologie simili, non sono nate per rimpiazzarci ma per aiutarci. Possono semplificare i processi, supportare l’innovazione e liberare il nostro tempo per compiti più creativi e significativi. L’IA può diventare, se ben compresa e guidata, uno strumento per espandere le nostre capacità. Uno dei dubbi più ricorrenti riguarda proprio il ruolo che queste tecnologie possono giocare nella nostra vita lavorativa e quotidiana. Nelle mie interazioni con manager e imprenditori italiani, noto che molti si chiedono se strumenti come ChatGPT porteranno più problemi che benefici. Ma vorrei proporre una prospettiva diversa: l’IA non è qui per sostituirci, ma per ampliare le possibilità di cui disponiamo. Questi assistenti virtuali possono semplificare l’accesso all’informazione, supportare i processi decisionali e facilitare l’innovazione. Non si tratta di temere una perdita di controllo o di creatività, ma di scegliere come usare questi strumenti per migliorare ciò che già facciamo. La creatività, per esempio non viene minacciata dall’IA, ma può ricevere un impulso positivo: molte aziende stanno scoprendo che strumenti come ChatGPT possono aiutare a risolvere problemi di blocco creativo o a stimolare nuovi brainstorming. In questo modo, l’intelligenza artificiale diventa un alleato della creatività umana non un suo rivale. Una delle questioni più delicate che emerge dall’adozione diffusa dell’IA riguarda il tema della disuguaglianza sociale.
Chi avrà accesso alle nuove tecnologie e ai benefici che queste possono offrire? Se l’IA resterà uno strumento nelle mani di pochi, rischiamo di vedere crescere nuove disparità sociali. Questo è un aspetto che affronto spesso soprattutto nel dialogo con le aziende e le istituzioni pubbliche: una distribuzione equa della tecnologia e la sua inclusività sono fondamentali per evitare nuove forme di esclusione. Nel mio lavoro di divulgazione, sottolineo sempre l’importanza di responsabilizzare chi sviluppa e gestisce queste tecnologie. Le decisioni basate su algoritmi, come quelle di assunzione o di accesso al credito devono essere trasparenti e giuste, evitando pregiudizi che possono nascere dai dati usati per addestrare l’IA. Una gestione responsabile e inclusiva dell’intelligenza artificiale è essenziale e richiede il coinvolgimento attivo di esperti in etica, diritti umani e giustizia sociale. Uno dei timori che più emergono tra chi lavora nel campo della creatività è l’idea che l’IA possa “rubare” l’arte di fare. Per chi, come me crede nella potenza della comunicazione e della divulgazione, è evidente che ChatGPT e le altre intelligenze artificiali possono affiancarci come strumenti di supporto. Io stesso utilizzo l’IA per esplorare nuove prospettive, ottenere spunti e migliorare l’efficienza nel creare contenuti. Il mio obiettivo non è cedere la mia creatività alla tecnologia ma sfruttarla per potenziarla. Non è un caso che tanti artisti e professionisti stiano usando l’IA come strumento per ampliare le loro possibilità. Con il giusto equilibrio tra umanità e tecnologia, possiamo vedere nell’IA non un rivale ma una risorsa per superare i limiti del nostro lavoro e raggiungere traguardi prima inimmaginabili. La questione etica dell’IA riguarda anche la trasparenza, la privacy e la responsabilità. Le decisioni automatiche devono essere comprensibili e verificabili, così da garantire che i diritti individuali siano rispettati. Non solo: il rispetto della privacy è cruciale in un’epoca di raccolta e analisi massiccia di dati. In ambito pubblico, dove presto terrò un workshop sull’IA generativa per il settore pubblico, i temi della trasparenza e della privacy sono fondamentali per ispirare fiducia e prevenire abusi. Leggi chiare e un coinvolgimento diretto dei cittadini sono essenziali per orientare il futuro dell’intelligenza artificiale verso una direzione etica e sostenibile.
La presenza di esperti in diritti umani etica e sociologia nello sviluppo dell’IA può fare la differenza e garantire un approccio responsabile e rispettoso dei valori umani. ChatGPT e l’IA in generale non devono essere viste come “minacce”. Piuttosto, sono strumenti potenti che ci spingono a una nuova consapevolezza. Con le aziende con cui lavoro vedo l’IA come una leva per innovare e crescere. Guardare alle IA come collaboratori può migliorare la qualità del nostro lavoro e aumentare la nostra efficienza, come nel settore sanitario, dove l’IA può supportare i medici nella diagnostica e nell’analisi dei dati clinici. Sfruttare la tecnologia per il bene comune richiede un approccio proattivo e responsabile. Gli strumenti che oggi abbiamo a disposizione non devono sostituire l’intelligenza e la sensibilità umane, ma affiancarle permettendo all’uomo di raggiungere nuovi traguardi. La paura è una reazione naturale, soprattutto di fronte al nuovo, ma non deve diventare una barriera insormontabile. Guardare a ChatGPT e alle altre IA con fiducia significa riconoscere il loro potenziale e impegnarsi a usarle con etica e consapevolezza. Quindi, ChatGPT io non ho paura di te. Credo invece nelle possibilità che possiamo costruire insieme, se sapremo orientare il cambiamento tecnologico verso il bene comune. Il cambiamento è inevitabile: la sfida è scegliere come abbracciarlo, trasformandolo in un’opportunità per tutti.

Giacinto Fiore

Divulgatore di Intelligenza Artificiale e tra i principali esperti e speaker Italiani sul tema A.I.