Consigli utili ed errori da evitare per sviluppare il pacchetto clienti ed il fatturato all’estero.
Internazionalizzarsi oggi è una grande opportunità, ma anche un percorso che richiede metodo, preparazione e consapevolezza. Lavorando da molti anni al fianco di piccole e medie imprese italiane – e più recentemente con il progetto Pionieri dell’export, organizzato da Agenzia di Sviluppo su spinta strategica della Regione Abruzzo – ho potuto osservare da vicino le dinamiche, le sfide e anche gli errori più ricorrenti di chi si affaccia ai mercati esteri. Molte imprese partono con entusiasmo e buoni prodotti, ma spesso sottovalutano la complessità e la competitività degli scenari internazionali. I mercati esteri non sono per niente facili: la concorrenza è alta, i clienti sono esigenti, esistono molti rischi e per di più ogni Paese presenta difficoltà specifiche da conoscere ed affrontare. Per questo, chi tenta di sviluppare le vendite all’estero senza una preparazione specifica ed una strategia definita, limitandosi a cercare opportunità in fiera, va incontro a frequenti insuccessi o, nel migliore dei casi, alla conclusione di vendite poco soddisfacenti in termini di volumi o di marginalità. Dispiace dirlo ma, per quanto suggestiva come rappresentazione iconica del successo del Made in Italy, l’immagine della PMI che gira il mondo “con la valigetta” e che conquista i clienti forte della supremazia qualitativa dei suoi prodotti, poteva essere valida in passato ma oggi appare un po’ appannata.
La realtà è profondamente cambiata: i clienti, pur apprezzando la qualità del prodotto, valutano con crescente attenzione altri aspetti legati all’azienda fornitrice, come ad esempio l’affidabilità, la flessibilità, la conoscenza del settore, la presenza di fattori distintivi rispetto ad altri competitor e, in ultima istanza, i vantaggi che tale azienda può offrire. Si tratta di aspetti che non si possono improvvisare, né tantomeno delegare all’iniziativa degli agenti o degli export manager, ma che richiedono una accurata riflessione strategica da parte della direzione aziendale.
Se ben affrontato, l’export è un “percorso” che può portare grandi risultati. Vediamo allora come procedere per strutturarlo in modo efficace. Partiamo da 5 suggerimenti utili. Scegliere con attenzione dove puntare: esportare non significa essere ovunque, ma essere nel posto giusto. Molte aziende si buttano su troppi mercati contemporaneamente, spesso in modo casuale, e poi si ritrovano a inseguire risultati con risorse che non bastano. Meglio partire da pochi Paesi, scelti in base a criteri concreti: dove c’è domanda? Dove possiamo essere competitivi? Dove abbiamo già contatti o referenze? Scegliere bene all’inizio permette di lavorare in modo più focalizzato, evitando dispersione e frustrazione. Costruire un piano adatto all’azienda: non esiste una ricetta unica per esportare, e questo è un bene. Ogni impresa ha i suoi punti di forza, le sue risorse, il suo ritmo. Quello che serve è un piano che tenga conto della sua realtà, dei suoi obiettivi e di quanto può davvero investire.
Un piano ben fatto aiuta a vedere più chiaro, a decidere meglio e a non farsi scoraggiare se i risultati non arrivano subito. Perché l’export non è una corsa veloce: è una maratona da affrontare con motivazione e costanza. Preparare l’organizzazione e le competenze interne: per affrontare i mercati esteri in modo efficace, è fondamentale che l’azienda (anche se piccola), sia ben organizzata e che le persone coinvolte conoscano le basi del commercio internazionale come per esempio logistica, incoterms, pagamenti, contrattualistica. I processi interni – dalla produzione alla gestione amministrativa – devono essere definiti, chiari e rigorosi, perché l’affidabilità è uno dei primi criteri con cui un potenziale cliente valuta un nuovo fornitore. Per questo, un’organizzazione solida e competente rappresenta un vantaggio competitivo e rende più fluido tutto il percorso di internazionalizzazione. Definire in modo preciso il target dei clienti da acquisire: quando si parte con l’export, si ha la tentazione di rivolgersi a “tutti”. Ma non funziona. È molto più efficace definire il partner giusto per l’azienda: Importatore, distributore o rivenditore? Di che dimensione? In quale zona? Che tipo di clientela serve? Più è chiaro questo identikit, più diventa facile acquisire nuovi clienti e costruire con loro un rapporto solido. E, soprattutto, si evitano le perdite di tempo con interlocutori poco adatti. Fare una programmazione operativa semplice e concreta: l’export non è un progetto che si improvvisa nei ritagli di tempo. Serve una programmazione operativa che indichi nello specifico quali azioni dovranno essere fatte nei prossimi 6/12 mesi. Non servono piani complicati, basta avere uno schema chiaro da seguire, con attività, persone coinvolte, scadenze, budget. E poi, ogni tanto, meglio fermarsi per monitorare l’effettiva realizzazione di quanto programmato e verificare cosa ha funzionato e cosa no. Anche i grandi risultati nascono da tanti piccoli passi ben fatti. In un percorso complesso come quello dell’export, evitare certi errori può essere tanto importante quanto fare le mosse giuste. Ecco, cinque fra gli errori più diffusi tra le imprese. Andare per tentativi: molte aziende si muovono all’estero “per tentativi”, puntando sulle fiere di settore (dove sperano di intercettare il buyer giusto fra i visitatori) e sulle richieste ricevute tramite il sito o il passaparola. Non c’è niente di male, a volte (raramente) funziona, ma l’export non è un colpo di fortuna.
È un percorso che va pensato, strutturato ed inserito in una visione più ampia e strutturata, senza la quale il rischio è quello di disperdere le forze in tentativi costosi e inconcludenti. Pensare che il prodotto basti da solo: “abbiamo un ottimo prodotto, si venderà sicuramente.” È una frase che sento spesso. Peccato che non sia quasi mai vera perché i clienti non cercano semplicemente nuovi articoli da acquistare, cercano fornitori migliori di quelli che già hanno. L’attenzione non si concentra solo sulle caratteristiche tecniche, ma su aspetti riferiti all’azienda come l’affidabilità, la capacità di consegnare nei tempi, la flessibilità nel gestire richieste specifiche, la chiarezza nella comunicazione.
Il prodotto resta importante, ma è solo una parte del valore percepito. Non avere abbastanza continuità e perseveranza: molte imprese iniziano con entusiasmo il percorso verso l’estero, magari partecipano a una fiera, avviano contatti interessanti… e poi si fermano perché non arrivano risultati nel breve termine. L’export però non dà quasi mai risultati immediati: richiede tempo, continuità e metodo. Interrompere troppo presto o agire in modo saltuario porta a perdere occasioni preziose e a dare un’immagine poco affidabile ai potenziali partner. Al contrario, agire con continuità e perseveranza è la chiave per raggiungere i risultati nel tempo.. Proporre condizioni commerciali poco competitive:: molte aziende si affacciano ai mercati esteri senza una proposta commerciale adeguata. In assenza di listini export correttamente costruiti, condizioni di pagamento e soluzioni logistiche adeguate, finiscono per proporre l’unica formula “sicura” che conoscono: pagamento anticipato, resa EXW, condizioni standard. Un’offerta così limitata risulta spesso poco competitiva rispetto a quella di concorrenti più preparati, in grado di gestire meglio le richieste dei clienti grazie a formule più flessibili su pagamenti, consegne e servizi accessori. Ignorare le differenze culturali e relazionali: fare business non è solo vendere: è costruire fiducia. E la fiducia si costruisce rispettando i codici culturali dell’altro. Ogni mercato ha modi diversi di negoziare, comunicare, prendere decisioni. Chi non li conosce – o peggio, li ignora – si mette in una posizione svantaggiata, anche senza rendersene conto. In conclusione, esportare non è certo facile, ma le imprese che riescono ad affrontare questo percorso con la necessaria preparazione, con una corretta pianificazione e con un approccio perseverante nel medio e lungo termine, riescono a trasformare i mercati esteri in una leva di crescita solida e duratura.