Nell’attuale contesto socioeconomico, caratterizzato da una generalizzata recessione e da una crescente complessità, anche geopolitica, la crisi di impresa da evento episodico è divenuta una situazione endemica.
Con il termine delle misure emergenziali assunte dal Governo per rimediare alle conseguenze economiche prodotte dal lock-down, è divenuta incombente l’esigenza di una disciplina efficace ma “leggera” ed appetibile per le attività economiche in crisi al fine di intraprendere tempestivamente una soluzione, preferibilmente negoziale, per mantenere la continuità diretta o indiretta.
Si tratta, in realtà, di un lungo percorso di tipo culturale, sociale e politico che prende atto della scarsa capacità delle imprese italiane, soprattutto di medie-piccole dimensioni, di promuovere autonomamente processi di ristrutturazione precoce, anche a causa della debolezza degli assetti organizzativi dell’impresa, spesso privi di adeguati strumenti di monitoraggio e di pianificazione, anche a breve termine.
Già dal 2005 nel nostro Ordinamento concorsuale si assisteva all’emersione e poi al radicamento dell’idea della continuità d’impresa come valore da preservare in quanto funzionale non solo all’impresa stessa (in termini di posti di lavoro, produzione di ricchezza, sviluppo etc) ma al sistema economico nel suo complesso.
Il passo successivo si ha con la Direttiva Insolvency (Direttiva 2019/1023/UE) e con l’attuale Codice della Crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) che, abbandonando definitivamente l’impostazione sanzionatoria del fallimento e attribuendo una posizione centrale agli strumenti giudiziali e stragiudiziali per la continuità, fa della tempestività nel recepimento dei primi, anche labili, segnali di squilibrio, la chiave di volta per affrontare efficacemente la crisi. La crisi d’impresa da evento patologico diventa una componente fisiologica che, come la malattia e la morte dell’individuo, fa parte della vita dell’impresa e deve essere valutata dal creditore fin dal momento in cui entra contrattualmente in contatto con l’impresa. Il momento della sua esteriorizzazione non deve, pertanto, segnare la nascita di conflitti bensì una collaborazione in funzione della continuità e, perché no, del rinnovamento del modello di business.
In tale contesto, la Composizione negoziata della Crisi d’impresa rappresenta un istituto finora inedito nel nostro ordinamento, un procedimento agile e destrutturato che punta sulla autoconsapevolezza e autodeterminazione dell’imprenditore ai fini dell’evoluzione della propria attività.
In base all’art. 12 del D.Lgs. n. 14/2019, così come da ultimo modificato dal D.Lgs. n. 83/2022, l’imprenditore commerciale o agricolo in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi o l’insolvenza può chiedere al Segretario Generale della Camera di Commercio del luogo in cui l’impresa ha la propria sede legale la nomina di un esperto indipendente, quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa. L’impresa quindi deve avere le potenzialità necessarie per restare sul mercato anche mediante la cessione dell’azienda o di un ramo di essa (continuità indiretta).
Non vi sono requisiti dimensionali di accesso alla Composizione negoziata, che è concepita come una procedura volontaria attivabile esclusivamente dall’imprenditore iscritto al Registro delle Imprese (non possono quindi beneficiare dello strumento le società di fatto).
Il presupposto oggettivo è costituito dalle condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi o l’insolvenza, comprensivo non solo dello stato di temporanea difficoltà dell’impresa ma anche della crisi e dell’insolvenza vera e propria, purché reversibile in quanto deve sussistere “una concreta prospettiva di risanamento”.
Perplessità suscita l’uso della proposizione “o” tra le due situazioni di squilibrio stante il fatto che gli squilibri nella composizione del patrimonio rilevano per l’accertamento della crisi solo nella misura in cui, probabilmente, determineranno squilibri nei flussi di cassa prospettici. In altre parole, uno squilibrio patrimoniale che non implichi uno squilibrio economico-finanziario è un costrutto che regge poco sul piano aziendale. Lo squilibrio patrimoniale assume valenza autonoma in una circostanza specifica che è la perdita del capitale sociale al di sotto del limite legale o nella meno grave fattispecie di erosione di oltre un terzo del capitale sociale.
La procedura è potenzialmente estranea al “circuito” giudiziale: l’imprenditore non è tenuto a rivolgersi al Tribunale, se non ove intenda fruire delle misure protettive, di finanziamenti prededucibili o rinegoziazioni di contratti. Laddove non avanzi tali richieste, la Composizione negoziata è destinata a rimanere coperta da riserbo. A tutela di ciò, le parti coinvolte nelle trattative sono tenute a osservare l’obbligo di riservatezza sulla situazione dell’imprenditore, sulle iniziative da questi assunte o programmate e sulle informazioni acquisite durante le trattative.
Non trattandosi di una procedura concorsuale, l’imprenditore prosegue nella gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa senza alcuno spossessamento del patrimonio pur essendo obbligato a dotarsi di assetti aziendali adeguati e condurre l’attività senza recare danno ai creditori. Inoltre, in caso di insuccesso del percorso intrapreso, non avrà sullo sfondo il timore di trovarsi al cospetto del P.M. e avere un tracciato concorsuale ormai segnato.
Le trattative tra imprenditore, creditori e altri soggetti eventualmente interessati sono agevolate da un esperto (Dott. Commercialista, Avvocato, Consulente del lavoro, Manager) soggetto terzo e indipendente, che indossando i panni del “facilitatore”, va appunto ad affiancare l’imprenditore in difficoltà concorrendo a individuare la risposta più idonea al fine del superamento delle condizioni di squilibrio. La nomina dell’esperto non mira in alcun modo a sostituire l’imprenditore, bensì, ad affiancarlo nelle trattative al fine di individuare una soluzione con i creditori, agevolandone per quanto possibile, anche grazie alla propria professionalità, il buon esito.
La positiva verifica delle concrete prospettive di risanamento si atteggia a condizione di perseguibilità del percorso: se infatti l’esperto non ne ravvisa gli estremi, deve darne notizia all’imprenditore e al Segretario Generale della Camera di Commercio, il quale dispone l’archiviazione del procedimento.
La procedura si avvale di una piattaforma informatica nazionale (https://composizionenegoziata.camcom.it/) gestita da Unioncamere, tramite la quale presentare l’istanza di accesso e la documentazione che sarà consultabile dall’esperto e dai soggetti interessati al risanamento.
L’Osservatorio semestrale di monitoraggio delle istanze presentate sulla piattaforma nazionale, predisposto da Unioncamere, ci mostra un uso ancora timido dello strumento: 300 le istanze presentate dal 15 novembre 2021, data di introduzione dell’istituto, alla data dell’8 luglio 2022, di cui il 67% corredate dalla richiesta di misure protettive, il che evidenzia un probabile uso opportunistico dello strumento volto a sospendere i rischi “giuridici” di dissolvimento dell’impresa e comportamenti dilatori, volti solo a prender tempo, come spesso si è visto in passato con le domande di concordato “in bianco”.
In pari data, le istanze chiuse sono circa il 14% delle istanze totali e le motivazioni prevalenti sono costituite dall’assenza di prospettive di risanamento e la conclusione negativa della fase delle trattative.
Il trend di utilizzo dello strumento segue una crescita lenta ma regolare e, molto probabilmente, vi sarà una costante accelerazione nei prossimi mesi dovuta alle segnalazioni effettuate dai creditori pubblici qualificati (INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate e Agenzia Entrate-Riscossione) che, al superamento di determinate soglie, invitano l’imprenditore e, ove esistente, l’organo di controllo, a richiedere la composizione negoziata.
Sicuramente occorrerà del tempo per l’utilizzo a regime dello strumento che, nonostante alcune criticità, rappresenta un mezzo di rivisitazione e reindirizzamento dell’attività di impresa e un cambio culturale verso la consapevolezza che, come la tradizione orientale insegna, crisi e opportunità sono facce di una stessa medaglia.