Antonella Marrollo, imprenditrice abruzzese e componente di Giunta camerale, gestisce, al fianco della figlia Teresa, l’azienda di famiglia. Un’attività tipicamente maschile, quella della produzione e stesura dell’asfalto, dove a vincere, però, è l’alleanza fra due generazioni di donne, che lavorano fianco e fianco per il benessere dell’azienda e dei suoi dipendenti.
Il padre, Calogero Riccardo Marrollo, scomparso pochi mesi fa, è stato uno dei protagonisti del rilancio dell’economia abruzzese: un innovatore, onesto e fedele al prossimo e alla sua azienda, “attento all’umanità” come amava definirsi. Quell’umanità che oggi traspare dalle parole di sua figlia Antonella, una donna tenace, elegante e, prima di tutto, umana, che ha fatto della generosità e dell’attaccamento alle proprie radici i punti di forza della sua attività.
- Cosa vuol dire essere un’imprenditrice oggi?
Oggi, purtroppo, essere imprenditori, indipendentemente dal genere, è molto difficile. Vuol dire rischiare, investire e far crescere persone, in un contesto, come l’attuale, dove l’instabilità politica e l’incertezza normativa frenano gli investimenti. Chi gestisce un’impresa nel privato si misura quotidianamente con una grande mole di burocrazia, spesso lenta e farraginosa, e con un contesto legislativo estremamente mutevole. Dal canto nostro, come imprenditori siamo costretti ad adeguarci e a fare i conti con una concorrenza, spesso sleale e poco specializzata, che mette in difficoltà la nostra economia.
Questo, d’altro canto, mi ha sempre spinta a fare del mio meglio per distinguere il mio prodotto sul mercato e raggiungere risultati migliori, a beneficio dell’azienda e delle persone che ci lavorano, che considero una famiglia: in piccolo, cerco di indirizzare la mia attività verso temi a me cari come l’attenzione all’ambiente e all’essere umano, su cui mi confronto costantemente con il mio braccio destro, mia figlia, per cercare insieme possibili strade di miglioramento.
Però non basta, perché deve esserci un impegno anche da parte di chi governa e gestisce il nostro Paese: lo dico con rammarico, ma mi pare che i conflitti e i particolarismi prevalgano sull’interesse del Paese e dei cittadini e stiano pian piano minando la qualità e il potenziale delle nostre risorse, economiche ed umane.
- È stato difficile per Lei raccogliere l’eredità di suo padre?
Sicuramente portare un nome importante come quello di mio padre non mi ha reso la vita facile: ti obbliga ad essere all’altezza della sua grande eredità e ti espone continuamente, anche nel quotidiano. È un lascito notevole, ma che ha rappresentato il punto di partenza del mio percorso di crescita, personale e professionale: cerco di essere sempre all’altezza del ruolo che ricopro e mi impegno per ottenere risultati economici soddisfacenti, per l’azienda e per i dipendenti, perché in questo modo riesco anche a contribuire al benessere della comunità. Oggi, rispetto al passato, credo di avere una marcia in più, che è rappresentata da Teresa, mia figlia, che è mia alleata, in famiglia e sul lavoro. Io sono l’anima amministrativa dell’azienda, mentre lei è quella operativa, gestisce e organizza i cantieri. È raro vedere nel mondo dell’asfalto due donne, madre e figlia, a capo di un’azienda, ma questa unione è la nostra carta vincente.
- Quale consiglio darebbe alle aspiranti imprenditrici del nostro territorio che vogliono vedere realizzata la loro “idea di impresa”?
È importante, a mio avviso, non perdere di vista alcuni punti cardine: il risultato aziendale, il benessere dei lavoratori, la sostenibilità e, forse i più importanti, l’educazione e la formazione. Ho sempre cercato di insegnare ai miei figli il rispetto per il prossimo, così raro di questi tempi, e il valore della formazione: studiare ti consente di costruire un bagaglio culturale ed umano che nessuno potrà mai portarti via e che ti distinguerà, anche sul lavoro. Io stessa continuo a fare formazione, su ciò che mi piace e che penso possa essere utile all’azienda, perché serve a farmi crescere per far crescere l’azienda.