La rivoluzione delle infrastrutture digitali: il caso delle blockchain

Di blockchain si parla, ormai, nei modi e negli ambiti più svariati: da quando, nel lontano 2008, venne introdotta per la prima volta per il monitoraggio e la verifica delle transazioni effettuate con i neonati Bitcoin, questa tecnologia ha fatto passi da gigante, diventando, a tutti gli effetti, “the future of everything[1]. Quello che nei primi anni duemila era un vezzo di pochi nerd o, nella migliore delle ipotesi, una tecnologia di nicchia per visionari del finance, infatti, si è trasformato in breve tempo, in un’infrastruttura digitale che, consapevolmente o meno, coinvolge tutti gli aspetti della nostra vita privata e pubblica.

Secondo i dati dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano, nel 2021 sono stati censiti 370 tra progetti e annunci di iniziative in fase di lancio in svariati Paesi, con una crescita del 39% rispetto al 2020. Complessivamente, dal 2016 al 2021 l’Osservatorio ha analizzato 751 progetti avviati a livello globale, fra aziende e pubbliche amministrazioni, ai quali si aggiungono 864 annunci, per un totale di 1.615 casi. Anche a livello nazionale, le iniziative non mancano: il nostro Paese è nella top 10 mondiale delle nazioni per il maggior numero di progetti implementati in ambito blockchain, per un totale di 116 aziende coinvolte e ben 90 start up.

Ma cos’è, davvero, una blockchain e perché è così importante per il nostro presente e per il nostro futuro? La blockchain, letteralmente “catena di blocchi”, indica una famiglia di tecnologie caratterizzate da un registro digitale condiviso e distribuito su più “nodi” di una rete, in grado di identificare in modo immutabile e sicuro una specifica operazione. Registrata su blockchain, quella operazione sarà dotata di un’impronta digitale unica e riconoscibile, che permetterà al dato di essere sempre associato al momento in cui è stato creato.

Con una blockchain è possibile “notarizzare” (questo il termine tecnico) una transazione o un documento garantendo la sua immutabilità e trasparenza ad una certa data: ciò significa che, a quella stessa data, potremo dire con estrema certezza che quel dato è autentico (non compromesso né manomesso) ed è stato elaborato secondo regole precise, sicure e trasparenti, che ne garantiscono l’accessibilità e, nel nostro Paese, anche la validità legale[2].

Sulla base di queste regole, è possibile utilizzare le tecnologie blockchain per rintracciare e scambiare in rete praticamente tutto quello che abbia un valore, materiale o immateriale che sia: denaro elettronico, l’atto di acquisto di un immobile, un diploma di laurea oppure foto e video scattati a riprova di un certo evento.

Niente di più? In realtà no, dietro le blockchain si cela un modo completamente nuovo di comunicare e trasferire i nostri beni, siano essi tangibili o intangibili. Ad essere certificati, infatti, possono essere pagamenti, brevetti, opere d’arte, cartelle mediche, operazioni logistiche e, addirittura, interi processi decisionali, come ad esempio le consultazioni elettorali[3].

L’obiettivo? Gestire e aggiornare, in modo univoco e sicuro, un registro contenente dati e informazioni, senza la necessità di enti centrali che si occupino di amministrare le procedure di monitoraggio.

Anche per la Pubblica Amministrazione, le tecnologie blockchain rappresentano una sfida importante, che non è limitata alla gestione delle identità digitali o ai pagamenti elettronici, ma guarda oltre, verso l’implementazione di processi strutturati di Data&Document Management e alla completa digitalizzazione dei servizi al cittadino.

Comunque la si guardi, dunque, si tratta di uno strumento destinato a rivoluzionare il nostro modo di scambiare “valore” nell’era del Web 3.0: proprio per questo, è importante che operatori ed istituzioni proseguano nell’opera di sensibilizzazione e informazione già avviata a livello nazionale e internazionale, promuovendo un utilizzo sicuro, regolamentato e condiviso delle tecnologie blockchain.

 

[1] L’espressione è ripresa dal libro The Truth Machine: The Blockchain and the Future of Everything, di Michael J. Casey e Paul Vigna, HarperCollins Publishers, 2018.

[2] Con l’art. 8-ter del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito in legge con L. 11 febbraio 2019, n. 12, il legislatore italiano ha riconosciuto ai documenti informatici registrati su blockchain la stessa efficacia giuridica riconosciuta alla validazione temporale elettronica di cui all’Articolo 41 del Regolamento UE n. 910/2014.

[3] Gli esperti si interrogano già da tempo sulla possibilità di dare vita a referendum, quesiti elettorali e consultazioni usando le tecnologie blockchain, con la garanzia della correttezza e dell’integrità dei voti ricevuti, senza tuttavia entrare nel dettaglio dell’identità dei votanti. Per approfondire v. Boucher, Nascimento, Kritikos, Come la tecnologia blockchain può cambiarci la vita, Scientific, Foresight Unit (STOA), European Parliamentary Research Service, 2017.

Caterina Manolio
Ufficio Organizzazione, Performance, Personale. Giurista di professione e formatrice per passione. Mi lascio entusiasmare da tutto, specialmente da quello che non so.

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