La percezione dell’Abruzzo come meta turistica e l’importanza dell’identita’ del territorio: intervista a Claudio Ucci

Il 26 gennaio scorso, nell’ambito dell’incontro online dal titolo “Focus Group per la lettura condivisa dei dati sul turismo per la pianificazione, lo sviluppo e il monitoraggio del territorio”, dedicato alla presentazione dei dati sul turismo raccolti da ISNART nell’ultimo semestre del 2023, sono emersi degli spunti interessanti in merito allo stato di salute del settore nella nostra regione.

Il periodo post-pandemico, caratterizzato da un movimento di revenge tourism, ovvero dalla tendenza a viaggiare di più a seguito dei limiti e delle restrizioni che hanno caratterizzato la pandemia, è stato più che positivo anche per le province abruzzesi: le presenze sono tornate quasi ai livelli del 2019, con circa 16mila visitatori registrati alla fine del III trimestre del 2023. Il quadro evidenzia una crescita delle aree interne nel periodo post-pandemico, con i Borghi che attraggono circa l’11% delle presenze.

Ma quali sono le ragioni che spingono i visitatori a scegliere l’Abruzzo come meta per le proprie vacanze? Le indagini condotte da ISNART evidenziano la forza degli attrattori più caratteristici della nostra regione, alcuni dei quali viaggiano così bene da superare la media nazionale: il 30,6% dei turisti sceglie l’Abruzzo per le bellezze naturali (contro una media nazionale del 16,6%), mentre circa il 20% è motivato da fattori enogastronomici (anche qui, si supera la media nazionale di circa 6 punti percentuale) e dalla ricerca di relax (20,3%).

I dati restituiscono un’interpretazione chiara: l’Abruzzo sta crescendo e consolidandosi sempre più come meta turistica grazie soprattutto agli elementi che lo caratterizzano per natura, a quegli attrattori che appartengono al DNA stesso della regione e che ne costituiscono la “forza d’identità”: quelle caratteristiche, insomma, che sono proprie del nostro territorio, e che lo rendono unico.

Per avere una visione d’insieme del significato di questi dati in termini pratici, ed individuare su questa base una strategia di crescita, abbiamo chiesto a Claudio Ucci, Direttore e fondatore del Consorzio Abruzzotravelling, oltre che autentico esperto della materia, di rispondere a qualche domanda.

Claudio, come si è modificato il turismo in Abruzzo dalla fine della pandemia? Com’è cambiata la percezione della nostra regione?
Il periodo post-pandemico è stato caratterizzato da uno spostamento del turismo, che si è diretto principalmente verso le aree interne. Ma il trend del turismo regionale è stato positivo, in generale, negli ultimi 20 anni: prima del 2019 siamo cresciuti, in termini soprattutto di notorietà. Le notizie virali hanno fatto parlare molto dell’Abruzzo, e questo ci ha aiutato. Dopo il 2020, invece, la tendenza ad una vacanza in Italia, e soprattutto la voglia di una vacanza libera e aperta, è stata benefica per noi: i visitatori sono arrivati, e i numeri sono cresciuti. E, nonostante la nostra struttura non ci abbia permesso di accogliere interamente l’enorme volume di visitatori, ciò non è stato necessariamente un male: i grandi numeri, a volte, sono negativi per la percezione di una località. Si pensi alla foto di Rocca Calascio stracolma di visitatori, diventata virale nel 2020, che aveva spinto un giornalista a scrivere un pezzo chiedendosi perché le presenze non fossero state limitate, o a quei turisti che si erano lamentati sui social perché, in visita in montagna nella nostra regione, non erano riusciti a trovare neppure un panino, ed era stato loro risposto che “il lunedì il panificio non passava a fare la consegna”.

Bisogna quindi che passi questo concetto: se la verità è che siamo tutti contenti quando i visitatori arrivano in massa, è anche vero che poi bisogna chiedersi cosa succede una volta che sono lì, quali sono i servizi che riusciamo effettivamente a garantire, e per quante persone.

Quali sono, secondo te, le strategie che ci permetterebbero di canalizzare meglio il flusso e la tipologia di visitatori?
Prima di tutto, è imperativo concentrarsi sull’analisi. L’analisi dei dati è fondamentale: l’Abruzzo è ancora poco presente sui social con le sue istituzioni, e potrebbe esserlo di più, per toccare con mano il sentiment relativo alla nostra regione, alla percezione che i potenziali visitatori hanno di noi. In questo senso, ci vengono in aiuto anche le società specializzate in analisi dei dati (come Isnart, nd.): i risultati di quelle indagini sono uno strumento prezioso per individuare la percezione dell’Abruzzo nel pubblico.

Un altro punto fondamentale è sapere con chiarezza cosa si vuol fare in una determinata area: individuare un target e lavorare su quello, specializzando i servizi. Un territorio non può essere vocato a tutto: il target di riferimento è una funzione reale che orienta le scelte relative alle azioni da seguire nel rispetto dell’identità di quel territorio, della sua unicità. Se un’area è, ad esempio, vocata ad accogliere i giovani, si lavora tutti perché i giovani arrivino, e si regolano i servizi in quella direzione. Un territorio con una vocazione aspecifica può trovarsi ad affrontare cali anche vertiginosi di interesse nel proprio target: se gestisco un territorio dedicato ad accogliere famiglie, non apro una discoteca al mare. Chi viene in vacanza sulla Costa dei Trabocchi, o a Silvi, o a Roseto, ad esempio, sceglie queste località anche in funzione del relax e della tranquillità: perché tornino e continuino a sceglierle, i servizi devono essere dedicati a loro.

Di fatto, quindi, per orientare i servizi al meglio è necessario migliorare il rapporto con lo strumento tecnologico, e targettizzare la propria utenza?
La parola chiave è analisi. Ed è la base anche per la formazione degli operatori: deve passare il messaggio che sono imprenditori, prima ancora che operatori, e che è necessario agire in modo strutturato e non improvvisato per conquistare e conservare la propria clientela, rimanendo al passo con i tempi che cambiano. In questo senso, il cambiamento sociale ha portato anche ad una modifica nella tipologia di utenza che viene in vacanza in Abruzzo: una volta, ad esempio, c’erano numeri importanti di presenze provenienti dalla Germania, che sono andate via via ad esaurirsi sia a causa del cambio generazionale nell’utenza, sia per un mancato adattamento dell’offerta, in qualche caso, da parte dei nostri operatori sul territorio.

Considerare il tipo di utenza è importantissimo: i grandi Tour Operators non guardano all’Abruzzo come una destinazione, perché mancano i posti letto e le strutture adatte ad accogliere quel genere di volumi. Chi ci sceglie è un altro tipo di turista, tramite altri canali, ed è necessario tenere in considerazione questo dato.

Analisi e organizzazione, quindi, sono la chiave del successo.
Sì, e non solo per i singoli operatori. Il richiamo a fare attenzione all’analisi dei dati vale anche per il settore pubblico: è necessario valorizzare maggiormente le attività fieristiche legate al settore, e ripensare al nostro modo di proporci sul mercato. Le manifestazioni squisitamente legate al B2B non ci danno, al momento, grandi soddisfazioni purtroppo, perché mancano le strutture per offrire ospitalità: in Abruzzo la media di stanze disponibili per singola località è molto bassa, quindi è necessario ripensare al modo di promuoversi sulla base di questo dato. Si potrebbe, ad esempio, riunire le piccole strutture sotto un’unica egida, un unico brand, per garantire uno standard qualitativo: creare una sorta di catena alberghiera, seguendo l’esempio di Spagna e Francia, che stabilisca gli standard qualitativi e permetta una distribuzione del numero di arrivi nel rispetto dell’identità del territorio. Salvaguardare, insomma, la nostra unicità, ottimizzando le presenze e restituendo al visitatore un’esperienza di qualità, che lo spinga a tornare e a parlare di noi.

Lavorare sulle nostre potenzialità senza perdere la nostra identità. È davvero possibile?
Assolutamente. Si può offrire un servizio di qualità senza bisogno di snaturarsi: un esempio, in questo senso, è l’Eremo/Abbazia di Santo Spirito a Majella, che ha aperto delle stanze (le “Celle Celestiniane”) nella foresteria della struttura: questo dà l’opportunità al visitatore di godere di un’esperienza autentica e unica nel pieno rispetto della natura del luogo, santuario di pace e relax.

Come evidenziano i dati ISNART, chi ci sceglie lo fa soprattutto per la natura, il relax, e l’enogastronomia, che rappresentano i veri motori trainanti del turismo regionale. Con il progetto Abruzzo Food Experience, giunto ormai alla sua quarta edizione nel 2023, sei riuscito ad unire queste caratteristiche in un’unica esperienza dedicata agli operatori.
Abruzzo Food Experience è un progetto nato da un approccio bottom-up, ovvero è partito dagli stessi operatori, che, in occasione di varie fiere ed eventi, hanno manifestato la volontà di venire a fare un’esperienza legata al food, ma anche a natura e cultura, nella nostra regione. Cerchiamo di invitare operatori diversificati in termini di ruolo e mercato d’azione, oltre ad un parterre di operatori “storici” che ci supportano nella fase di diffusione dell’iniziativa, e con i quali facciamo squadra. L’esperienza è stata un successo, e ci ha permesso di far conoscere varie parti della regione a operatori sempre diversi: un esempio è un importante tour operator internazionale, che già proponeva la Costa dei Trabocchi, che ha scoperto, grazie all’edizione di quest’anno, le aree interne, e se ne è innamorato.

L’operatore è un alleato importante per lo sviluppo turistico: il suo modo di raccontare un territorio suscita interesse nel visitatore, che è invogliato a conoscerlo. La percezione che i potenziali visitatori hanno dell’Abruzzo è strettamente legata al racconto che facciamo del nostro territorio.

Deborah Mastrominico

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