È indubbio che una delle priorità, per qualunque paese, sia lo sviluppo economico, poiché ad esso segue anche lo sviluppo sociale e la crescita del grado di civiltà e la diffusione dei diritti civili.
Tuttavia, lo sviluppo economico dipende, indissolubilmente, dalla capacità di fare impresa e, conseguentemente, dalla diffusione di imprese e di cultura imprenditoriale.
Non è un caso, infatti, che anche la Commissione delle Comunità Europee il 21 gennaio 2003 abbia presentato il “libro verde” sull’imprenditorialità in Europa. In questo documento si precisa che: “L’Europa deve promuovere in modo più efficace lo spirito imprenditoriale. Occorrono più imprese nuove e dinamiche, determinate a trarre beneficio dall’apertura dei mercati e a scegliere la strada della creatività o dell’innovazione per perseguire la propria espansione”.
In effetti, l’UE si è impegnata, negli anni successivi, a favorire la nascita di nuove imprese mediante l’eliminazione di ostacoli e barriere tra i paesi membri, il riconoscimento reciproco e l’armonizzazione, agevolando gli scambi in un mercato di circa 400 milioni di persone.
Ovviamente, l’imprenditoria riguarda le persone, uomini e donne, che con le loro scelte e le loro attività avviano un’impresa e la guidano. Pertanto, sono le persone che con la loro creatività, capacità e cultura rappresentano il cuore pulsante di qualunque attività imprenditoriale.
Invero, uno studio della Banca d’Italia del giugno 2009, curato da Silvia Magri, evidenzia come gli imprenditori detengono una quota elevata della ricchezza netta totale. Peraltro, questa ricerca cerca di analizzare se essere un imprenditore può essere all’origine di una crescente ricchezza oppure una maggiore ricchezza iniziale può facilitare la decisione di diventare un imprenditore. In effetti, potrebbe esistere una potenziale connessione tra la ricchezza iniziale della famiglia e imprenditorialità, dove il capitalista sarebbe, pertanto, avvantaggiato nell’esercizio della funzione imprenditoriale.
Tuttavia, secondo Schumpeter, l’imprenditore e il capitalista hanno due funzioni distinte, dove la capacità imprenditoriale e la capacità innovativa, indissolubilmente legate tra loro, rappresentano i prerequisiti principali per diventare imprenditori, piuttosto che la ricchezza iniziale.
Pertanto, appurato che l’imprenditore deve possedere, innanzitutto, capacità innovativa, soprattutto nell’economia moderna, le imprese devono essere innovative, ovvero attente all’innovazione (tecnologica, organizzativa, di processo, di prodotto, ecc.), sostenibili e capaci di aggredire nuovi mercati o nuovi segmenti di mercato (anche all’estero).
L’innovazione può manifestarsi in modi diversi. Innanzitutto, sotto la forma di un’invenzione e la ricerca apporta un contributo essenziale all’innovazione, poiché genera un flusso di idee tecniche e rinnova di continuo la riserva di competenze tecniche. In secondo luogo, un’impresa può innovare riprendendo l’idea di un altro settore di attività, adattandola per utilizzarla nei propri processi di produzione o sul proprio mercato. Infine, l’innovazione può anche passare per l’introduzione di un’impostazione completamente nuova per un’attività commerciale, come ad esempio i nuovi modelli commerciali dei punti di vendita on line, al fine di creare nuovi spazi di mercato o di aumentare la redditività di un mercato esistente.
La velocità e l’efficacia della diffusione dell’innovazione nell’economia moderna, caratterizzata dalla transizione ecologica e tecnologica, sono di capitale importanza per la produttività e la crescita economica, con la conseguenza che servono, più che mai, imprese innovative ed imprenditori illuminati.