Indici, tecnologia e considerazioni su costi e prezzi delle fonti energetiche.
“O speculatori dello continuo moto, quanti vani disegni in simile cerca ave’ creati! Accompagnatevi colli cercator d’oro” – Leonardo Da Vinci.
Il moto continuo è da sempre un punto fisso nel mondo della fisica e della meccanica, e per quanto sia stata dimostrata l’impossibilità di creare una macchina in grado di generare dal nulla energia, violando due importanti leggi della termodinamica, ancora oggi c’è chi cerca questa pietra filosofale: alchimisti moderni, creatori di chimere imperfette, ma che possono fornire spunti per avvicinarsi alla perfezione, perfezione che non appartiene a questo mondo.
Tuttavia, immaginate una macchina del genere che LCOE – levelized cost of electricity potrebbe avere: il minimo dispendio in termini di costi di produzione per una fornitura infinita.
Circa un anno fa, sul numero di ottobre 2022, parlavo proprio dell’importanza di questi indici che andavano ad analizzare per un impianto energetico i costi di capitale, i costi operativi di impiego ed esecuzione nonché di smaltimento (LCOE), e il suo costo evitato, ovvero la variazione giornaliera e stagionale della domanda di elettricità nella regione dove il nuovo progetto è preso in considerazione e le caratteristiche del parco energetico esistente al quale viene aggiunta nuova capacità, confrontando così la potenziale risorsa di nuova generazione con il mix già esistente ed i possibili candidati da poter rimpiazzare (LACE).
Dopo un anno, qualcosa di strano è nell’aria, un’aria forse più pesante rispetto a ciò che accadeva nel 2022 in cui si parlava senza indugio delle meraviglie delle rinnovabili.
Secondo gli ultimi report di Lazard, una delle banche d’affari storiche statunitensi più importanti al mondo con competenze multisettoriali, anche nell’energia, ci troviamo davanti a una condizione insolita in questo periodo di metà/fine 2023, dove dopo un continuo abbassamento del LCOE di solare ed eolico, si riscontra una loro impennata.
Il gioco è bello quando dura poco: l’abbassamento dei prezzi nel corso degli ultimi decenni era stato possibile grazie alla delocalizzazione degli impianti di fabbricazione di fotovoltaico ed eolico in Cina, ma ovviamente lo scoppio della guerra russo-ucraina ha fatto impennare i prezzi per motivi geopolitici che conosciamo bene, con un passaggio 2021-2023 da una forbice di 26-50 a 24-75 $/MWh per l’eolico e di 30-41 $/MWh a 24-76 $/MWh per il solare.
E’ ancora conveniente quindi investire sulle rinnovabili? La risposta parrebbe essere positiva se andiamo a considerare gli LCOE minimi e massimi di tutte le tipologie di impianto rinnovabili e non (salvo gli impianti a gas a ciclo combinato che in fatto di costi continua ad essere molto economico), ma il costo di generazione dell’energia non coincide col prezzo dell’energia elettrica: il prezzo viene determinato dalle borse elettriche attraverso dei complessi meccanismi di aste, le cui variabili principali sono la quantità di energia prodotta e immessa sul mercato e il tempo di vita dell’impianto, in cui le rinnovabili sicuramente non brillano a causa del coefficiente di utilizzo basso e della suscettibilità delle loro componenti all’usura nel tempo.
Esempio: una centrale nucleare può stare sempre attiva per produrre energia e si può decidere se spegnerla o accenderla in base a domanda e offerta; un impianto fotovoltaico ha un sistema di accumulo energetico non ancora ottimizzato (storage), dipende dalla presenza o meno di sole, dal momento della giornata e dalla stagione, rendendolo una fonte energetica molto aleatoria.
Ed è così che ci ritroviamo davanti a prezzi ancora molto convenienti per le fonti non rinnovabili: il prezzo medio del MWh fornito dal nucleare è stato di 31 $, dal carbone è di 52 $ e dal gas (ciclo combinato) di 62 $, da confrontare con i 60 $ medi del solare di grande scala senza storage e di 70 $ con storage, e i 50 $ dell’eolico senza storage, e i 75 $ con storage.
Vi sono poi altre difficoltà per far sì che le rinnovabili diventino preponderanti con l’obiettivo delle zero emissioni entro metà secolo, nonostante l’impressionante crescita percentuale a due cifre (fonte Renewable Energy Market Update di giugno della IEA).
La prima è la quota dell’elettricità nell’insieme dei consumi energetici, che da anni non va al di là del 20%.
La seconda è un sempre più frequente presenza di prezzi energetici negativi (fonte: Confindustria – Elettricità futura), che per quanto possa sembrare un aspetto positivo per l’utenza, questo può portare alla lunga a volatilità e aumento dei costi di dispaccio per controbilanciare il fenomeno, rendendo difficile una programmazione energetica. Il fenomeno è stato accentuato dalle rinnovabili in seguito alla cessione di elettricità senza ricavarne alcunché, in ragione dell’eccesso di offerta e impossibilità a modularla (storage ancora assenti o parzialmente inefficienti) e dei costi marginali pari a zero.
La terza difficoltà, diretta conseguenza di questo aspetto, è la bassa redditività delle rinnovabili, si scrive in un recente articolo del Financial Times che riporta i dati di indagine della società Bain&Company, creando così scetticismo nelle maggiori imprese energetiche mondiali.
La domanda a questo punto è: pensiamo davvero, grazie alle rinnovabili, di trovarci di fronte alla pietra filosofale tanto attesa? O è l’ennesima chimera creata dall’uomo che un giorno ci si rivolterà contro?
La strada è ancora lunga per trovare qualcosa che possa anche lontanamente risolvere metà delle piaghe di questo pianeta, perché non abbiamo comunque discusso della vita d’utilizzo degli impianti d’energia rinnovabile e non, dello smaltimento delle strutture obsolete o del loro impatto ambientale, aspetti che restituirebbero comunque risultati interessanti.
E intanto mi echeggia ancora in testa la frase di Da Vinci, una ricerca continua della perfezione, ma che prima o poi si arresterà, nel bene o nel male sta a noi decidere, ma consci del fatto che comunque: IL MOTO CONTINUO NON ESISTE.