È stato presentato il 24 maggio scorso al Ministero della Cultura l’Atlante delle imprese culturali e Creative, un’opera Edita da Treccani e promossa da Cultura Italiae, AICI, Istat, Istituto Credito Sportivo, Unioncamere, con il sostegno di Intesa Sanpaolo, il patrocinio dell’ANCI, la collaborazione di Federculture, della Fondazione Fitzcarraldo e con la direzione di Roberto Grossi.
Un Atlante, una mappa delle imprese culturali creative, uno strumento di orientamento e conoscenza democraticamente proposto alle persone, agli operatori e alle imprese.
Un volume corale in cui si parla di creatività e di cultura, elementi fondanti dell’identità del nostro Paese, delle caratteristiche proprie di un’impresa culturale creativa che mette al centro la creatività e la coniuga con la responsabilità sociale e la crescita.
La struttura del volume prevede tre sezioni, la prima di inquadramento generale del contesto con le dinamiche produttive e macroeconomiche del settore, la seconda sezione è dedicata ai dati analizzati su base nazionale, regionale e provinciale dall’Istituto Tagliacarne, la terza sezione è dedicata alle esperienze con una selezione di alcune imprese ritenute esempio di eccellenza nel settore.
Sono stati inseriti nuovi settori rispetto a quelli tradizionali, basti pensare al paesaggio, ai festival, l’enogastronomia, l’alta formazione artistica e analizzate le realtà trasversali, realtà che non sono codificate o codificabili fino ad oggi ma che svolgono un lavoro importantissimo a supporto di altre imprese sui temi della rigenerazione urbana e salvaguardia ambientale. Il tutto accompagnato da immagini evocative per dare a tutte queste realtà presenti in Italia la visibilità che si meritano.
Si tratta di un lavoro inedito che analizza dal basso questa realtà, con l’obiettivo di definirla nella maniera più scientifica possibile, tracciare un confine per orientare le risposte della politica e dell’economia ed evitare che elementi rigidi, quale ad esempio un determinato codice Ateco, possa essere il metro di giudizio nell’erogazione di finanziamenti pubblici (l’impresa che aggiusta il vetro di casa non può ovviamente essere considerata alla stessa stregua del Vetraio che invece lavora alla ricostruzione dei vetri di una cattedrale!).
Le imprese culturali e creative sono una nicchia di eccellenza del nostro Paese, una realtà che crea valore attraverso una ricchezza di significati: crea valore per l’economia, occupando circa 830 mila persone in Italia, ma soprattutto crea valore per le persone con una ricchezza difficile da stimare, in quanto va a nutrire la qualità e il senso di comunità in termini di inclusività, socialità, democrazia e sostenibilità. Viene inoltre dato risalto alla capacità di queste imprese di fare rete, avendo riguardo all’uso corretto delle risorse pubbliche e alla loro capacità di autofinanziamento.
Le imprese culturali e creative hanno un radicamento fortissimo col territorio dal quale traggono la propria identità culturale che viene rielaborata in modo innovativo e creativo talvolta creando vere e proprie reti di protezione sociale. È questo collegamento tra culture, talvolta solo apparentemente distanti, che arricchisce sia l’identità morale di un popolo sia il suo benessere generale.
Nel mondo della globalizzazione l’Italia può e deve ritagliarsi uno spazio da protagonista a livello mondiale ed europeo puntando sulle soft power, ovvero su quegli elementi capaci di attrarre ed essere un punto di richiamo internazionale per la cultura, lo stile di vita e la sostenibilità.
In tale contesto, l’Atlante ha l’indubbio merito di accendere un faro importante di attenzione e approfondimento su un settore strategico che fonda le proprie radici in un DNA culturale importantissimo che si radica nelle tradizioni nei territori e nelle sue comunità divenendo valore economico con un rilevante impatto sociale impatto e ambientale.