Dopo il Covid, le aziende si trovano nuovamente ad affrontare un radicale cambiamento dello scenario di mercato.
L’ aumento generalizzato di quasi tutte le materie prime e dei costi energetici hanno portato già l’economia globale alla stagflazione e porteranno molte economie in recessione.
Ma le conseguenze economiche della guerra non saranno uguali per tutti, potrebbero riguardare poco gli Usa e la Cina, ed invece avere un fortissimo impatto in Europa e in particolare per alcuni Paesi come l’Italia. Infatti l’inflazione non è mai stata così alta dal 1991, gli stipendi sono più bassi di trent’anni fa, e ovviamente le aziende italiane stanno sempre più soffrendo in particolare quasi tutti gli impianti siderurgici italiani stanno attuando fermi della produzione o stop and go. Colpito anche l’automotive per la mancanza di forniture dalle città ucraine colpite dalle bombe di Putin e la guerra in Ucraina si fa sentire particolarmente, tra rincari e conseguenze delle sanzioni, nei distretti del Nord Est,in particolare sulle filiere dell’acciaio, della meccanica e degli elettrodomestici.
Sentiamo MARCO MONTECCHI, Presidente della Camera di Commercio Italiana in Bulgaria che fa parte della rete delle Camere di Commercio Italiane all’estero Area Europa di ASSOCAMERESTERO.
D.: Dott. Montecchi, la guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia stanno già portando ripercussioni tangibili sulle aziende italiane e estere, soprattutto per quelle che hanno interessi commerciali con quei Paesi. Quali saranno gli effetti?
R.: Hanno già portato ripercussioni tangibili in tutti i settori produttivi, la guerra produrrà, purtroppo, effetti dirompenti peggiori di quelli avuti con il Covid. Ci si concentra, giustamente, sull’aggressione della Russia in Ucraina, con migliaia di morti e sfollati, trascurando la forte penalizzazione delle nostre imprese che avevano un rapporto privilegiato con il mercato russo riducendo anche di 2 punti percentuale il PIL italiano.
Sono circa 434 le aziende italiane con almeno una filiale in Russia, per un totale di 575 filiali russe, generando un interscambio di oltre 4 miliardi di euro nei primi undici mesi del 2021. L’Italia esporta verso il paese di Putin più di 7 miliardi di euro di prodotti e ne importa 12,6 miliardi. Fra le importazioni di prodotti russi in Italia, le voci che pesano di più sono gas e materie prime Russia e Ucraina sono inoltre fra i principali fornitori al mondo di grano e mais. L’Italia importa ogni anno circa 120 milioni di chili di grano dall’Ucraina e altri 100 milioni ne importa dalla Russia. Al di là dell’import/export, la Russia gioca un ruolo cruciale nell’economia italiana: è infatti la seconda nazione per shopping nel nostro Paese, con 13% di acquisti sul totale nazionale.
Inoltre, sono invece 3.478 le imprese che hanno almeno un socio di cittadinanza russa; di queste 1924 presentano una quota del 50%+1 di soci russi. Si tratta di aziende che hanno per la maggior parte sede in Lombardia (27,6%). Seguono Lazio e Toscana (rispettivamente con 12,1% e 10,1% aziende).Il 21,1% di queste imprese si occupa di Commercio all’ingrosso (escluso autoveicoli e motocicli), il 9,5% di Attività immobiliari.
A testimonianza invece all’interscambio sociale e commerciale fra Italia e Ucraina, è interessante notare che in Italia sono 5.167 i titolari delle imprese individuali di origine ucraina (dati 2019), pari all’1,3% degli imprenditori non comunitari presenti nel nostro Paese. A livello regionale, le imprese individuali in Italia con titolari di origine ucraina sono situate per il 22,2% in Lombardia;per il 16% in Campania;per il 14,2% in Emilia-Romagna;per il 10,4% in Lazio ed operano principalmente nei settori edile, del commercio e dei trasporti.
Dovesse prolungarsi e acuirsi, quella tra Russia e Ucraina sarà una guerra che costerà moltissimo, anche in termini economici. L’aumento dei prezzi di gas, grano, mais e materie prime si è già fatto sentire. La speranza è quella che si riesca a trovare un accordo di pace quanto prima, facendo cessare un conflitto che arriva dopo due anni difficili a causa del Covid, e rappresenta un’altra pesante prova da superare che aggrava una situazione economica già complessa.
D.: Paesi come la Romania, Polonia, Bulgaria, Ungheria hanno messo in atto già da tempo una serie di politiche volte ad attirare capitali esteri e ad accelerare il pieno passaggio alla globalizzazione dei propri sistemi economici e questo ha visto moltissime aziende italiane trasferire per intero o parzialmente i propri impianti produttivi proprio in Est Europa. Cosa può cambiare per le imprese italiane ora visto ciò che sta accadendo?
R.: Le imprese italiane, hanno già da molti anni delocalizzato con successo nei paesi dell’Est Europa, ovviamente la guerra è motivo di forte preoccupazione creando non pochi problemi ad eventuali ulteriori investimenti, in alcuno casi, già preventivati. Oltre ad attivare parzialmente investimenti diretti in questi Paesi, c’è da dire che negli ultimi anni le imprese italiane sono state il target group di un’azione di “nearshoring” da parte dei Paesi dell’Est Europa. Infatti, la Bulgaria, per esempio, così come la Romania, la Polonia e l’Ungheria, accanto all’extra europea Serbia, ha, già diversi anni fa, avviato processi di attrazione di nearshoring in ambito di attrazione degli investimenti esteri e la nostra Camera di Commercio è stata promotrice, insieme alle Autorità locali (InvestBulgaria) afferenti al Ministero dell’Economia, di azioni di promozione del processo di nearshoring insieme alla rete delle Camere di Commercio bilaterali nel Paese.
A fronte di quanto sta accadendo, diverse imprese italiane potrebbero “ritornare” nei loro Paesi d’origine se i Governi locali dei Paesi in cui hanno investito non dovessero intraprendere politiche a sostegno del “mantenimento” dei loro investimenti. O ancora, diverse si vedranno costrette a “fare scouting” in Paesi lontani dall’Est Europa, rischio che già è percepibile per alcune.
D.: Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha costituito una Unità di crisi a sostegno delle imprese esportatrici verso i Paesi coinvolti dal conflitto, qual’è il supporto del sistema camerale italiano all’estero alle aziende che in questo momento certamente stanno vivendo un periodo difficilissimo?
R.: La rete camerale italiana all’estero si confronta direttamente e costantemente con le imprese italiane, rappresentando un osservatorio attento e reale del Sistema Paese oltre che un network solido e radicato sui vari territori a presidio degli investimenti e delle relazioni commerciali con l’Italia. Aggiungo, inoltre, che, a titolo d’esempio, la rete camerale italiana all’estero, e la nostra Camera di Commercio, è intevenuta a supporto delle aziende italiane già durante il periodo pandemico, supporto avvenuta in stretta collaborazione con Unioncamere, il sistema delle Camere di Commercio Italiane, su indicazioni del Ministero dello Sviluppo Economico. Azioni di assistenza concreta che hanno fatto sì che le imprese italiane ricevessero “conforto” e “sostegno” nelle relazioni bilaterali “interrotte” dalla pandemia. Analogamente, la rete camerale italiana all’estero si è già attivata a seguito della guerra tra Russia e Ucraina, svolgendo azioni di assistenza alle imprese italiane operanti nei Paesi dell’Est Europa (i.e. intermediazione legale nei casi di imprese italiane con lavoratori provenienti dai Paesi colpiti dalla guerra, ecc, azione di partenariato con le ONG lungo i corridoi umanitari, ecc).
Sentiamo in conclusione anche il Segretario Generale della Camera di Commercio di Chieti Pescara Michele De Vita.
D.: Circa 17.000 in Abruzzo le imprese coinvolte a causa della guerra Russia-Ucraina, con un coinvolgimento di oltre 77.000 lavoratori, quanto è importante il sostengo dell’Ente camerale con bandi e misure a favore dello sviluppo del territorio e delle imprese in questo momento drammatico per l’economia?
R.: La Camera di Commercio di Chieti Pescara, nei primi mesi dell’anno, ha presentato gli interventi 2022 a sostegno delle imprese del nostro territorio di competenza. Abbiamo stanziato nello specifico 575.000 euro di contributi indirizzati alle micro, piccolo e medie imprese iscritte nel Registro Imprese del’Ente ma anche diretti ad Associazioni di categoria con l’obiettivo di valorizzare l’internazionalizzazione, il nostro patrimonio culturale, nonché lo sviluppo e la promozione del turismo.
Inoltre vogliamo sostenere le imprese del territorio di Chieti Pescara con un percorso volto a favorire gli investimenti in ottica di digitalizzazione e innovazione, cercando di accrescere le competenze necessarie per competere in maniera efficace a livello nazionale ed internazionale non tralasciando la promozione della nostra offerta turistica in un territorio splendido come quello abruzzese.