Paku paku (パクパク).
Lo ricordate questo suono ripetuto? Penso sia l’onomatopea più famosa del mondo dei videogiochi ed ha origini giapponesi: “Mangiare a grandi bocconi“, così nasce “Pakuman”, più tardi ribattezzato col nome di “Pac-man“.
Nella storia dei videogiochi questa pallina mangiona di colore giallo è il primo titolo pensato per far breccia, riuscendoci, nei cuori delle videogiocatrici, come da dichiarazione fatta dal suo creatore Toru Iwatani.
Da videogiocatrice a sviluppatrice, tuttavia, il passo non è scontatissimo ma, nonostante ciò, alcuni dei titoli più acclamati del mondo hanno alle spalle donne che hanno saputo trasformare la loro passione in lavoro: Carol Shaw (Tic-tac-toe, 1976, la prima sviluppatrice, addirittura antecedente all’idea di Iwatani), Dona Bailey (Centipede), Amy Hannig (Uncharted), Heather Gibson, Rhianna Pratchett, Susan O’ Conner, Jill Murray (Tomb Raider), Bonnie Ross, Corinne Yu, Kiki Wolfkill (Halo 4).
In Italia il mercato videoludico è principalmente sviluppato al nord, con conseguente presenza non indifferente di lavoratrici del settore (24% in Europa – dati IPSOS), ma in Abruzzo ci sono alcune ricercatrici dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso che hanno reso possibile l’impossibile, creando un prodotto non solo destinato a divertire, ma anche ad educare, e la firma, compresa la squadra di sviluppo, e quasi totalmente al femminile.
La sinossi: Un imprevisto spazio – temporale ha catapultato l’alieno Zot nei Laboratori del Gran Sasso. Solo con il tuo aiuto potrà tornare a casa. Guidalo nelle gallerie, aziona strumenti, risolvi indovinelli: la conoscenza della fisica lo salverà!
Di seguito l’intervista a due delle ideatrici del videogioco: Alba Formicola (F), ricercatrice Sezione di Roma, INFN e Alessia Giampaoli (G), tecnologo Laboratori Nazionali del Gran Sasso – INFN.
Come nasce questo progetto videoludico educativo, con una quasi totalità di quote rosa, dall’ideazione fino alla realizzazione?
F: “L’idea di realizzare un videogioco ambientato ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso nasce da uno sguardo sulla vita quotidiana di mio figlio, immerso con il suo smartphone, mi è sembrato naturale proporre un videogioco per incuriosire i ragazzi alla fisica. Successivamente, grazie a una sinergica collaborazione con Francesca Conti, CEO dell’agenzia di comunicazione Formicablu srl, questa idea comincia a prendere forma.”
G: “Entrare a far parte del gruppo di lavoro di progettazione del videogioco è stato davvero appassionante. In poco tempo siamo entrate subito in sintonia. Ognuna di noi ha contribuito con le proprie competenze, io ad esempio mi sono occupata del coordinamento del gruppo di lavoro ambientazione e contenuti scientifici mentre Lisa Lazzarato (Formicablu srl) ha guidato il gruppo di lavoro giocabilità e contenuti didattici. Una delle cose più entusiasmanti è stato vedere in Gran Sasso Videogame gli stessi ambienti dei Laboratori sotterranei estremamente fedeli alla realtà. Fondamentale è stato il confronto con Alba ed altri ricercatori per la realizzazione di un prodotto divertente sì, ma corretto dal punto di vista scientifico.”
Quali sono le prospettive di lavoro nel mondo scientifico in Italia e quali sono, a vostro parere, gli aspetti da migliorare per avvicinare i giovani ai settori di ricerca e sviluppo?
G: “Le opportunità di lavoro nel mondo scientifico in Italia sono certamente numerose anche se ci sono delle differenze tra i vari ambiti scientifici. Coinvolgere nelle materie scientifiche i giovanissimi sin dai primi anni di scuola rinforzerebbe la loro consapevolezza sull’importanza della ricerca per lo sviluppo di tutta la società.” F: “Per avvicinare i giovani ricercatori e ricercatrici al mondo scientifico sicuramente l’offerta economica deve essere più competitiva, si dovrebbe potenziare la programmazione del reclutamento e i finanziamenti per i piccoli progetti.”
Una considerazione, se presente, sulla disparità di trattamento di genere nel mondo accademico/scientifico.
F: “Nell’ambito della ricerca che seguo presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, non ho mai avvertito una disparità di genere. Farei però una considerazione più ampia per comprendere la disparità in numero tra uomini e donne nel mondo scientifico. Le donne che si avvicinano alle discipline STEM nutrono spesso il desiderio di lavorare nella ricerca, che, come si sa, richiede tempi lunghi in laboratorio, frequenti riunioni di lavoro, partecipazioni a conferenze internazionali; quindi, devono conciliare il lavoro e la famiglia. Combinazione non sempre facile, che a volte fa sì che in molte lasciano, perché il “sistema società” non aiuta, mi riferisco alla assenza di asili nidi e alla difficoltà di avere iscrizioni alle scuole in prossimità del luogo di lavoro, non in ultimo una scarsa attenzione alla organizzazione di attività extra scolastiche sia d’indirizzo sportivo che formativo.”