Il mondo dell’arte tradizionale ha subito negli ultimi anni un vero e proprio scossone, dato dall’avvento delle intelligenze artificiali e del Web 3.0. Se di arte digitale (anche detta “computer art” o “new media art”) si parla ormai dalla metà del secolo scorso, quello della CryptoArt è un fenomeno relativamente recente e in piena espansione: con esso si identifica un movimento artistico di nuova generazione che realizza opere digitali grazie alle tecnologie NFT (acronimo di Non Fungible Token), basate su Blockchain. Detto in parole povere, opere d’arte tracciabili e vendibili su un marketplace virtuale, registrate in una rete diffusa, che ne impedisce la modifica unilaterale e ne assicura la proprietà e l’autenticità: una rivoluzione per il concetto stesso di opera d’arte, che anche se non tangibile diviene comunque tutelabile e “monetizzabile”. Sembra, però, che le opportunità siano direttamente proporzionali ai rischi. Basti pensare al dibattito in corso sulle intelligenze artificiali generative (Dall-E e Midjourney, per citare le più famose) che rivoluzionano interamente il processo creativo dando vita ad opere autentiche a partire da istruzioni testuali, che sono in grado di interpretare e rielaborare in completa autonomia. Ma c’è un modo per utilizzare al meglio queste tecnologie? Ne parliamo con Fiorenza Germana Grilli, co founder e CEO di MIRNArte S.r.l., società pescarese attiva nel campo dell’arte e della tecnologia.
D: In che modo, a tuo avviso, la tecnologia ha rivoluzionato l’arte contemporanea?
In tutto e in niente. L’arte contemporanea è essa stessa sperimentazione e le nuove tecnologie applicate all’arte favoriscono la ricerca e l’innovazione continua. Certo, sono cambiate le modalità di fruizione delle opere, non più passive e statiche, ma interattive e immersive. È cambiato il collezionismo e il mercato dell’arte, che oggi si basa su valute dematerializzate. È cambiato il modo di fare arte, di generarla, esporla e diffonderla. Tuttavia, a contare è sempre l’estro e il pensiero dell’artista, che usa la tecnologia come un veicolo per esprimersi e non solamente come un mezzo per fare soldi. In questa distinzione c’è tutta l’essenza di un cryptoartista.
D: Fiorenza, la vostra società è attiva in questo campo e ha una mission innovativa e coraggiosa. Ce la racconti?
Tra le tante difficoltà che accompagnano l’artista nel suo percorso di crescita c’è sicuramente la visibilità. L’obiettivo di MIRNArte è quello di creare un network di professionisti, aziende e istituzioni che diano la possibilità ad artisti sia emergenti che affermati, di creare sinergie e nuovi linguaggi espressivi nello spazio digitale, ancora per molti versi inesplorato. Il nostro primo progetto “Viral Human. Arte Pubblica e Metaverso” patrocinato dal Ministero della Cultura, oltre ad unire artisti da tutto il mondo, ci ha permesso di avvicinarne alcuni al mondo della CryptoArt e delle Blockchain. Si tratta di un’esposizione geo-localizzata e diffusa virtualmente a Venezia, interamente fruibile tramite l’app “MiRNArte” a partire dal 17 luglio prossimo.
D: Per concludere, cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi anni dal mondo dell’arte digitale?
Siamo solo all’inizio. È un mondo destinato a crescere per le infinite possibilità che racchiude ed è bene continuare a sfruttarle, soprattutto nell’ottica di creare nuove sinergie fra gli utenti del web 3.0. L’arte digitale ha un incredibile potere comunicativo e, se utilizzata correttamente, permette di intercettare un pubblico vastissimo ed eterogeneo. Tuttavia non bisogna perdere di vista i rischi connessi ad un mondo tanto ampio: è importante, infatti, acquisire le competenze necessarie per governare i cambiamenti in atto, aprirsi a nuovi linguaggi e nuovi modi di guardare e vivere l’arte, tutelando al tempo stesso gli artisti e i fruitori.