“Si dice che l’arte è lunga e breve la vita: ma lunga è la vita e breve l’arte. E se il suo soffio ci eleva fino agli dèi – Non è che per un istante”. Di Ludwig van Beethoven.
Poche parole e una citazione per aprire l’intervista alla prossima direttrice di Conservatorio, Roberta De Nicola, perché fra le forme culturali di cui spesso non ci accorgiamo della presenza, talmente si sono amalgamate con la nostra esistenza, ma ci sono, si sentono nell’aria e nella vita di tutti giorni, c’è la musica, e quale modo migliore di conoscere un po’ di più il panorama culturale musicale del nostro territorio se non entrando nel Conservatorio Luisa D’Annunzio di Pescara.
Quali sono le prospettive occupazionali alla fine degli studi di Conservatorio e in quali attività nello specifico?
Se per prospettive occupazionali intendiamo esclusivamente il lavoro dipendente, direi che le principali prospettive sono rappresentate dalle orchestre sinfoniche, (in Italia, ma non solo: strumentisti italiani formati dai Conservatori sono presenti in molte orchestre straniere, e delle più prestigiose), dai teatri d’opera (orchestra e coro), dalle bande militari e dal mondo della scuola.
Se però posiamo lo sguardo su quanto accade intorno a noi, non possiamo non notare come le nostre vite siano di continuo piene di musica: musica che qualcuno compone e qualcuno esegue.
In questo stesso momento, per esempio, solo nella nostra città sono in corso un Festival Jazz, una rassegna di concerti al porto turistico, un festival di musica barocca; ma sono in corso anche cicli di concerti a Teramo e Lanciano, L’Aquila e Guardiagrele, Francavilla e Castelbasso. E’ appena andata in scena un’opera a Città Sant’Angelo, a breve inizierà il Festival di Mezza estate di Tagliacozzo, per non dire che con un breve viaggio sono raggiungibili la stagione lirica dello Sferisterio di Macerata o quella delle Terme di Caracalla a Roma.
Se ci spostiamo poi sulla musica registrata, provengono dai Conservatori il produttore e il coautore di Brividi -eseguita con successo da Mahmood e Blanco, hanno studiato in un Conservatorio il vincitore del premio per il miglior compositore nell’ultima edizione dei David di Donatello e in un Conservatorio ha studiato la gran parte dei professionisti che eseguono le colonne sonore.
In sintesi quello che voglio sottolineare è che, seppure nelle forme proprie delle attività artistiche, il lavoro per i musicisti non manca. Se a questo aggiungiamo che negli ultimi anni i Conservatori hanno rinnovato la propria offerta formativa integrandola con corsi di Musicoterapia o di Tecnico del suono, possiamo dire che per i nostri studenti la possibilità di lavorare è molto elevata. Ed effettivamente tanti di loro lavorano, spesso ancora prima di aver terminato gli studi.
Qual è il ruolo dei Conservatori all’interno dell’ecosistema culturale e creativo di un territorio?
E’ una domanda molto interessante alla quale forse non è possibile rispondere in modo esaustivo nel breve spazio di una intervista, mi limito dunque ad esporre qualche considerazione.
Se per la salute di un ecosistema culturale riteniamo decisivo che il più ampio numero di persone possa avvicinare il più ampio numero di esperienze di natura culturale, rilevo che da diversi anni i Conservatori hanno fortemente ampliato la propria produzione artistica e ormai ovunque presentano al pubblico proprie stagioni di concerti, di norma ad ingresso libero. Questa attività, vissuta nelle modalità meno formalizzate -direi addirittura più familiari- delle nostre istituzioni ha avvicinato alla musica di ogni genere moltissime persone che ne erano distanti e penso che già questo sia da considerarsi un ottimo risultato; mi piace anche sottolineare l’attenzione del nostro Conservatorio al Terzo Settore, attenzione che si è tradotta nella presenza dei nostri complessi in ospedali e istituti di riabilitazione, luoghi di detenzione e periferie dimenticate.
Credo che adesso sia arrivato per noi il momento di assumerci una più ampia responsabilità in ordine alla divulgazione, di immaginare cioè delle forme di comunicazione che aiutino il pubblico a superare la difficoltà di comprendere un linguaggio storicizzato che spesso è distante dalle abitudini di ascolto create dalla radio e dalla tv e di incrementare ulteriormente le forme di collaborazione con le altre agenzie creative e di formazione artistica presenti nel territorio cittadino e non solo; e credo che faremo uno sforzo in questa direzione.
Un suo parere personale sull’Intelligenza Artificiale in ambito culturale, sia per un discorso legato ai diritti di autore, sia per quanto riguarda la nascita o la scomparsa di particolari profili professionali del mondo della musica.
La questione è così nuova che, per quanto ci siano già stati dei pronunciamenti delle magistrature al riguardo, temo sia impossibile per chiunque prevederne al momento gli sviluppi giuridici e gli effetti complessivi sulla produzione e la fruizione della musica.
Non so immaginare come si potrebbero frenarne gli effetti più deleteri sulla tutela del diritto di un creativo; un amico col quale ho avuto di recente uno scambio sull’argomento suggeriva la creazione di repository controllati da blockchain, e se fosse praticabile mi parrebbe una buona idea.
Più in generale però, premesso che l’utilizzazione e la manipolazione di composizioni preesistenti accompagna di fatto – da ben prima dell’invenzione del diritto d’autore- l’intera storia della nostra musica, l’aspetto che al momento mi appare più inquietante è la possibilità di ricreare artificialmente degli stili di esecuzione: l’idea che un domani una macchina possa diffondere una esecuzione “alla Benedetti Michelangeli” di un brano che Benedetti Michelangeli non ha mai eseguito mi appare un attacco a ciò che è e dovrebbe restare veramente unico, ossia la relazione tra un brano e il suo interprete. Rilevo però, forse con un pizzico di ottimismo, che ad ogni innovazione tecnologica si rinnova l’allarme sul futuro degli artisti e dell’arte e che finora questi allarmi si sono rivelati alla lunga infondati: forse perché alle pratiche artistiche sono connesse delle forme rituali non sostituibili da alcun marchingegno. Vedremo.