Accessibilita’ e’ (davvero) inclusione?

Nell’immaginario collettivo, l’aggettivo “accessibile”, riferito ad una struttura che offra un qualunque tipo di servizio, rimanda direttamente al Simbolo Internazionale di Accesso, ovvero l’omino stilizzato bianco in carrozzina su sfondo blu. La presenza di questo fregio, ideato nel 1968 e utilizzato, al netto delle alterazioni avvenute nella forma, in modo più o meno invariato da allora, sta ad indicare solitamente che la struttura è dotata degli ausili previsti dalla normativa vigente a beneficio delle persone con disabilità: ci dice, insomma, che per una persona che non abbia la possibilità di muoversi senza un ausilio è possibile accedere all’interno dell’area dello stabile, e utilizzare i servizi igienici.

Il problema è che la presenza di quel simbolo non ci dice nulla più di questo: l’accessibilità intesa come fruibilità dell’esperienza e dello spazio si riduce alla rispondenza, da parte della struttura, alle norme che ne certificano l’idoneità ad ospitare persone con disabilità motoria. Una concezione tanto semplicistica quanto inadatta a rispondere alle esigenze dell’attuale mercato del turismo, come illustrato da Roberto Vitali, CEO di Village For All, azienda specializzata in turismo accessibile.

L’imprenditoria turistica nazionale si dimostra infatti ancora poco consapevole in merito alla necessità di fare accoglienza quando si parla di persone con esigenze specifiche: l’altezza di un letto o di uno specchio, la pendenza di una rampa, la presenza o meno di una passerella e la sua lunghezza potrebbero apparire come meri dettagli agli occhi di alcuni, ma per altri si traducono in veri e propri disagi che possono rendere l’esperienza vacanza complicata e faticosa.

E il numero di persone che sperimentano questo genere di difficoltà è più ampio di quanto si creda: il CEO di Village For All invita a riflettere sull’estensione di questa categoria, che include anche famiglie che viaggiano con bambini piccoli, persone con disabilità temporanee, soggetti con limitazioni legate all’alimentazione e turisti Senior, per un totale complessivo di circa 127 milioni di utenti solo in Europa. Un potenziale giro d’affari, insomma, non trascurabile dal punto di vista imprenditoriale, che potrebbe incrementare le prenotazioni fino al 30%.

Diventa quindi indispensabile riprogettare gli spazi sulla base di criteri più inclusivi, come quelli alla base dell’approccio “Universal Design”, menzionato da Vitali, che si concentra sull’ottimizzazione e la progettazione di spazi e ambienti utilizzabili da tutti, a prescindere dall’età e dalla capacità psicofisica. Lo scopo finale è rendere la struttura fruibile ad un bacino d’utenza sempre più ampio e diversificato, evitando all’imprenditore un investimento di risorse in soluzioni che rappresentino unicamente un soddisfacimento delle condizioni normative, ma che finiscano per mancare l’obiettivo di rendere l’esperienza vacanza memorabile per tutti gli ospiti.

La strada da percorrere rimane dunque quella dell’inclusività, accogliendo la singola esigenza in modo naturale, rispettoso e autentico e vivendola come un valore aggiunto in termini di qualità del servizio e personalizzazione dell’esperienza. Perché, citando il Sogno di Village For All, sia possibile davvero “Garantire a ciascuno la sua vacanza!”

Deborah Mastrominico

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